Non esistono alimenti che possono far vincere una gara, ma esistono molti alimenti che possono farla perdere.

Tutto ciò che introduciamo nel nostro organismo, deve servire contemporaneamente:

  • come benzina (carboidrati);
  • come protezione (vitamine, minerali, fibre, antiossidanti);
  • per la regolazione termica (l’acqua delle bevande e quella contenuta nei cibi);
  • per la continua manutenzione dei pezzi usurati (le proteine con i loro aminoacidi essenziali) che permettono il continuo rinnovamento dei tessuti);
  • grassi in caso di sport aerobici di lunga durata.

Il motore umano ha bisogno di una miscela di macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) con dei rapporti percentuali preferenziali per funzionare al meglio. Almeno il 50-60% delle calorie che occorrono a ciascuno di noi deve provenire dal gruppo dei carboidrati, non più del 30% dal gruppo dei grassi ed il restante 10-20% dal gruppo delle proteine. Dato che il motore umano è molto complesso, necessita anche di elementi “protettivi” (vitamine, minerali, ecc.).

I muscoli degli atleti consumano una miscela di carboidrati e lipidi che varia in percentuale a seconda degli allenamenti effettuati e dell’intensità dell’esercizio fisico: all’inizio dell’esercizio vengono consumati prevalentemente carboidrati (per l’esattezza prima ATP, poi CP e infine carboidrati semplici e complessi) nell’esercizio prettamente aerobico poi i muscoli utilizzano soprattutto i grassi, mentre con il crescere dell’intensità del lavoro viene consumata una miscela sempre più ricca di carboidrati.

La combustione del glucosio (la forma più semplice dei carboidrati che dopo la digestione passerà nel sangue) produce, nelle cellule del corpo umano, energia (4 calorie circa per ogni grammo di zucchero) e, come scarto facilmente eliminabile, acqua e anidride carbonica. La distinzione dei carboidrati in “semplici” e “complessi” riguarda la velocità di assimilazione, cioè il tempo che impiegheranno per essere digeriti e quindi “smontati” e ridotti a molecole elementari (glucosio, fruttosio e galattosio) capaci di oltrepassare la parete intestinale e di entrare nel sangue.

Sono  carboidrati complessi, e perciò più lenti nella digestione e nel loro utilizzo, i carboidrati dei legumi, della pasta, del pane o del riso (tutti ricchi di amido, una molecola molto lunga e complessa che i nostri enzimi debbono accorciare nella digestione). Sono carboidrati semplici e di rapido assorbimento quelli del miele o dello zucchero (saccarosio) con cui dolcifichiamo il caffè quelli della frutta o delle spremute. L’ indice glicemico (Ig) segnala con quale rapidità l’organismo metabolizza un alimento, basato su una scala in cui il glucosio puro ha un valore di 100. Gli alimenti con un Ig alto (come lo zucchero, il pane bianco, le bibite, i succhi e i cereali che si consumano a colazione) vengono digeriti più alla svelta e sono quindi più velocemente disponibili per essere consumati nell’attività fisica oppure per essere trasformati in grassi nelle attività sedentarie; inoltre fanno sentire prima la sensazione di fame.

Gli alimenti con IG più basso hanno una biodisponibilità più lenta (il che favorisce il controllo del dispendio energetico nelle attività) e provocano un più duraturo senso di sazietà. Inoltre aggiungendo fibre ad ogni pasto (verdure), si rallenterà la risposta glicemica dell’organismo. Gli alimenti con un indice glicemico alto in pratica fanno produrre all’organismo più insulina; questo ormone toglie di mezzo gli zuccheri dal sangue facendoli entrare nelle cellule muscolari per il loro consumo o adipose per il loro deposito (a seconda delle attività espletate dal soggetto: muscolari o sedentarie) e riduce la lipolisi, provocando una minore disponibilità di acidi grassi liberi (il che non favorisce il dimagrimento). Proprio l’abbassamento della glicemia influisce sulla sensazione di fame. Quindi la cosa ideale sarebbe mangiare carboidrati complessi, che sono spesso quelli con indice glicemico più basso, per non rischiare una precoce insorgenza della sensazione di fame. Il fruttosio contenuto nella frutta provoca una risposta insulinica molto bassa, non solo non riduce il livello degli acidi grassi circolanti, ma anzi ne favorisce l’utilizzazione, risparmiando così una parte delle scorte muscolari di zuccheri, rappresentate dal glicogeno. (Leggi anche: “L’indice glicemico è un nostro alleato!“)

I carboidrati si trovano soprattutto negli alimenti vegetali: nei cereali (pane, pasta, riso, mais, ecc.), nei legumi (fagioli, ceci, lenticchie), nei tuberi (carote e patate), nella frutta e nella verdura (lo zucchero ad esempio proviene dalla lavorazione della canna o delle barbabietole). Ma anche, tra gli alimenti di origine animale, nel latte (lattosio 5 g per 100 g di latte) e, logicamente, nel miele. Nelle bibite (spremute, coca-cola, chinotti, ecc.) e più ancora nei dolciumi!

I carboidrati rappresentano, soprattutto nella forma di pasta, pane, riso e cereali, l’unica forma di energia veramente pulita e rapidamente disponibile per garantire la necessaria “benzina” a muscoli e cervello.

Tenere i carboidrati al di sotto del 55/60% dell’introito calorico giornaliero causa un calo delle scorte di glicogeno muscolare ed epatico  con conseguenti stanchezza, astenia e deconcentrazione. Se la percentuale supera invece il 70% si hanno un calo dell’appetito e potenziali disturbi digestivi (dilatazione degli organi addominali, stipsi , diarree , coliti…).

Esagerare con gli zuccheri fa anche virare il ph della bocca verso l’acidità comportando squilibri nel metabolismo del calcio,  uno dei motivi delle carie dentarie in ragazzi adolescenti .

Superate le esigenze quotidiane e lo stoccaggio glucidico da parte dei muscoli (massimo i 15-18 gr/kg di muscolo ) e del fegato (circa 100 gr.) il resto si trasforma in grasso. Una volta che il carboidrato ha superato le fasi digestive di bocca, stomaco ed intestino arriva al sangue sotto la semplice forma di glucosio, indipendentemente dalla fonte alimentare ingerita (banana, pane, biscotto, ecc..).

Chi ha il compito di distribuire questo glucosio nei vari organi e tessuti, cervello in primis, ma anche muscoli, fegato, reni?

L’ormone addetto alla regolazione del traffico di glucosio ematico è sempre l’insulina, la cui secrezione da parte del pancreas è regolata dal livello di glicemia: più glucosio circola, più insulina viene prodotta. L’insulina da sola, non basta però, a fare entrare la molecola di glucosio nelle cellule. Ha bisogno di una famiglia di trasportatori a base proteica che possano letteralmente succhiare il glucosio dal capillare e, attraverso un processo chiamato diffusione facilitata, fargli attraversare la membrana cellulare. Questi “accompagnatori” del glucosio vengono chiamati glucotrasportatori (GLUT). Non tutti i glucotrasportatori sono uguali. Quelli del muscolo scheletrico, adipociti e cuore appartengono alla categoria GLUT-4 e sono insulino-dipendenti. Ma ci sono anche i GLUT-1, localizzati nel cervello, globuli rossi e reni, che sono insulino-indipendenti. Sarebbe, infatti, problematico se il cervello dovesse dipendere dalle variazioni glicemiche dettate dall’insulina. Il suo rifornimento avverrebbe a singhiozzo con una sofferenza che non si può permettere.

Esiste un fattore indipendente dall’insulina che migliora la captazione di glucosio nel muscolo scheletrico: l’esercizio fisico. I GLUT-4 attivati dall’esercizio fisico seguono un’altra via rispetto all’insulina. Più precisamente, sono messi in movimento dalla grande quantità di calcio che si libera nelle contrazioni muscolari. Pare che lo sport continuo e quotidiano aumenti addirittura il numero dei GLUT-4, il che si risolve in una migliorata “sensibilità insulinica”. Oro colato per i diabetici, ma anche per la popolazione sana. L’errore che molte diete commettono è quello di demonizzare l’insulina, quasi fosse veleno per le nostre velleità salutiste.

In realtà senza insulina si muore (vedi diabetici di tipo I) e, senza entrare nel patologico, l’insulina è un ormone che garantisce salute e performance. Il problema è modularne l’azione. O premere sull’acceleratore quando serva. Per cui sarà utile metterle un “dosatore” nel sedentario, le cui scorte muscolari ed epatiche di glicogeno sono verosimilmente già al top. In questo soggetto picchi insulinici senza freni avrebbero solo l’effetto di favorire la liposintesi (ingrassamento). Ma se il soggetto va incontro a frequenti svuotamenti delle scorte di zuccheri perché si allena (sia egli sportivo amatore o agonista) ad alta intensità ecco necessario esaltare l’azione dell’insulina per favorire un quanto più precoce recupero delle riserve glucidiche, ma anche proteiche (l’insulina promuove anche la sintesi proteica ). Bisogna quindi indirizzarsi su cibi, anzi, su carboidrati che abbiano un’influenza sul rilascio di insulina. Carboidrati che modulino la secrezione insulinica per i sedentari, carboidrati che siano anche, ma non solo, esaltatori della risposta insulinica per gli sportivi.

Nota: Nei diabetici l’insulina o è assente (diabete insulino-dipendente o di tipo 1), oppure è presente, ma le cellule sono “sorde” ad essa (diabete insulino-indipendente o di tipo 2).

Diete iperproteiche? No grazie.

La logica semplicistica delle diete di tendenza ci dice che se non mangio zuccheri si bruceranno i grassi per condurre le normali funzioni organiche, per poter vivere, insomma. In realtà non è proprio così. In primo luogo è la presenza di zuccheri che fornisce ai grassi la chiave di accesso al ciclo di Krebs, cioè a quella reazione biochimica che permette di bruciare completamente i grassi in presenza di ossigeno.  Più precisamente, i carboidrati producono, nel loro metabolismo, ossalacetato, chiave d’accesso per i lipidi al ciclo di Krebs ( o ciclo dell’acido citrico ). Senza la presenza di zuccheri complessi (derivati dalla pasta, dal pane e dai cereali) in generale che forniscano il lasciapassare accade che questi all’inizio vengono ottenuti scomponendo le proteine muscolari attraverso un processo chiamato gluconeogenesi.

I grassi vengono ancora “bruciati” per bene nel ciclo di Krebs (dopo un primo passaggio nella β-ossidazione ), ma si comincia a perdere massa muscolare, situazione catastrofica sia per lo sportivo che per chi vuole mantenere la linea, dato che la massa muscolare è una grossa centrale di smaltimento dei grassi. Terminati i lasciapassare forniti dalle proteine neoconvertite in zuccheri, ecco che i grassi vengono “bruciati” male, al di fuori del ciclo di Krebs, e si trasformano in sostanze molto tossiche per l’organismo. Sono i corpi chetonici che, accumulandosi, aumentano l’acidità del sangue (chetosi e acidosi), danneggiando gli organi interni (come cuore e cervello). Per espellerli il corpo usa grandi quantitativi di acqua e và incontro a disidratazione. E la disidratazione non aiuta né la prestazione atletica, né, tantomeno, a dimagrire…

Dieta Atkins, dell’Astronauta, dieta del minestrone, dieta Atkins (quest’ultima con i carboidrati al 14%), dieta South Beach, dieta a Zona (carboidrati 40%), dieta a punti (quest’ultima con i carboidrati al 30%), dieta del melone, dieta del gelato, dieta Scarsdale (quest’ultima con i carboidrati al 34%)…  Al di là dei nomi più o meno esotici dei vari tipi di diete, quello che è importante è capire il trucco che le accomuna: ridurre drasticamente o eliminare i carboidrati a fronte di un’alimentazione, in genere, iperproteica.

Con quali risultati?

1 gr di carboidrati trattiene circa 3,5 gr di acqua. Le nostre scorte di carboidrati (stoccate nei muscoli e nel fegato) ammontano a circa 500 gr. Il digiuno dai carboidrati porta a consumare queste scorte nel giro di 24/48 ore. Risultato? 1,7 litri di acqua persi + 500 gr di carboidrati “bruciati” per l’assenza di zuccheri nella dieta. Alla fine, dopo 2 giorni, avremo perso circa 2,2 kg di…acqua e muscoli! Mentre l’ignara/o vittima della dieta sbagliata sarà entusiasta del risultato raggiunto. Risultato che lui tradurrà in grasso perso. In realtà il grasso è stato risparmiato, a favore di tutt’altro!

Le conseguenze?

  • Perdere muscoli equivale ad un metabolismo sempre più lento.
  • Perdere acqua vuol dire pregiudicare la funzionalità dei muscoli e dell’organismo in generale e quindi anche la possibilità di dimagrire in grasso e non in peso come valore assoluto.
  • La gran mole di proteine che, in genere, sopperisce alla carenza di carboidrati, decalcifica le ossa e i denti, sovraccarica reni e fegato e acidifica il sangue…

Con una corretta alimentazione e attività fisica si perdono in una settimana al massimo 450 gr di grasso. Se state calando nell’ordine dei chili settimanalmente, fate attenzione: state perdendo tutt’altro che grasso!!!

Il fabbisogno minimo di carboidrati è stato definito da un articolo pubblicato nel Luglio 2002 sull’Intern. Journal of Clinical Nutrition, dato dalla formula :

Peso x 2,6

Es.: uomo di 70 kg x 2,6 = 182 gr di carboidrati

I carboidrati rappresentano la “benzina” di prima scelta per i muscoli perché producono acetil-CoA ad una velocità maggiore dei lipidi, producono più ATP per unità di ossigeno e forniscono energia anche in assenza di ossigeno (glicolisi anaerobica).

Per gli sportivi il consiglio è di assumere un’adeguata quantità di alimenti con moderato indice glicemico (carboidrati complessi) tre ore prima di un’attività aerobica e poche ore prima alimenti con ad alto indice glicemico specie in presenza di attività aerobico-anaerobiche. Successivamente al fine di ripristinare la scorta glucidica del muscolo si possono assumere alimenti con alto indice glicemico nonché alimenti con moderato indice glicemico poiché le riserve muscolari depauperate durante l’allenamento verranno ripristinate permettendo il riacquisto dell’efficienza.

Pasto pregara: una riprova dell’utilizzo ottimale dei carboidrati lo ritroviamo in letteratura nella metodica Hurtman e Sherman in cui la percentuale dei carboidrati varia aumentando nei giorni che via via si avvicinano alla gara fino a raggiungere valori di 70% e 90% sulle calorie totali giornaliere. E’ infatti l’assunzione di una quantità adeguata di carboidrati che permette un deposito elevato di glicogeno al fine di poter ottenere prestazione elevate in gare superiori ai 60 minuti (nelle inferiori basta una soluzione glucidica 30-60 minuti prima) e addirittura durante la gara nelle competizioni che durano più di due ore. Anche i liquidi debbono essere forniti sia prima della gara (500-600 ml 2 ore prima e 150-250 poco prima), durante la gara (150-250 ogni due ore) e dopo la gara magari con una soluzione glucidica.

Anna Tempestini

Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente dove l’attività fisica era vista come mezzo educativo e quindi per me è diventata uno stile di vita: ho fuso lavoro e passione in un unico ideale e ne è venuta fuori una miscela esplosiva! Adoro tutto quello che è sport e non lascio nulla al caso: curiosa per natura, mi interesso sia all’aspetto nutrizionale sia a quello funzionale legato quindi all’allenamento. Ovviamente pratico anche ed un bel po’! Professionale nel fitness collettivo e nella sala pesi…istintiva come pochi nelle mie sessioni running! Con il mio modo d’essere, sfruttando il mio lavoro come tramite, cerco di trasmettere energia positiva a chi entra nel mio raggio d’azione. Non mi fermo mai, sono sempre pronta a mettermi alla prova ed a coltivare quello in cui credo fermamente per mettere a disposizione dei clienti le mie competenze solo dopo averle sperimentate di persona.