Mai come adesso, in questi mesi estivi, lo specchio risulta essere uno degli oggetti più ricercati, davanti al quale trascorriamo del tempo, giusto quello che ci permetta di osservare ogni dettaglio davanti, dietro e di profilo, salvo poi allontanarci da esso frequentemente con emozioni spiacevoli.

Ho volontariamente sottolineato adesso perché è proprio con l’estate che  il corpo diventa protagonista; visto e mostrato agli occhi dell’altro, un altro spesso ignoto ma comunque qualcuno su cui proiettare ciò che noi stessi pensiamo di esso.

“Ah..il corpo….questo sconosciuto…” eppure nel momento stesso in cui l’attenzione reale, presunta o immaginata dell’altro ricade su noi stessi, diventa improvvisamente così pregnante, vicino, presente e importante.

Chi di noi, in particolare in adolescenza, non ricorda cosa si provava quando al risveglio scoprivi di dover andare a scuola con un brufolo sul viso? quanta importanza assumeva la nostra faccia e che tipo di sensazione provocava l’essere guardati e magari interpretare ogni sguardo come rivolto proprio lì?

Il concetto di immagine corporea, sta ad indicare le percezioni legate al proprio corpo e gli atteggiamenti verso sé che ne derivano, inclusi pensieri, sentimenti e credenze; non si intende perciò solo ciò che vediamo ma soprattutto, la percezione che avvertiamo di esso.

Quindi è come se nell’esatto momento in cui incontriamo lo specchio, non ci soffermassimo solo ad osservare il riflesso, ma nel farlo ci portassimo dietro un bagaglio di emozioni, miti e idee apprese nell’esperienza anche familiare, che non ci permette di vedere in modo oggettivo e reale, ma al contrario lo trasfigura.

Inoltre, va considerato il fatto che ognuno di noi si trova immerso in tutta una serie di dinamiche di tipo culturale, sociale e pertanto assorbe valori e modelli che più o meno vengono esaltati, quali ad es. la perfezione corporea.

Ogni giorno, veniamo bombardati attraverso ogni mezzo mediatico e tecnologico da immagini di corpi perfetti, misure e forme specifiche tanto stimate e rincorse, che nulla hanno a che fare nella maggior parte dei casi con ciò che siamo.

Di fronte all’insoddisfazione, rischiamo così di strutturare un costante vissuto di inadeguatezza, una sensazione soggettiva che deforma il riflesso, attraverso la quale ci porta a sentirci sempre sotto torchio, come se si fosse degli spettatori del proprio corpo, sempre attenti a notare minimi cambiamenti e difetti.

E’ stato più volte riscontrato come al contrario, la soddisfazione verso il proprio corpo garantisca un certo livello di autostima, una maggiore sicurezza nei rapporti interpersonali e nell’approccio verso la sessualità.

Un terreno fragile, alla ricerca di riferimenti e confini, si aggrappa a determinati modelli da seguire e imitare, per via di una forte necessità di garantirsi l’ammirazione e l’accettazione dell’altro, delegando allo stesso il proprio valore personale.

Non potendo gestire e sedare il tumulto di emozioni spiacevoli, causate dal fatto di rendersi consapevoli che ciò che si è non è quello che si vorrebbe, ci si butta spesso nell’agito; azioni che hanno l’obiettivo di non pensare, di non ascoltare ciò che si ha dentro e di controllare il corpo-oggetto, manipolandolo e torturandolo.

L’ossessione per il corpo assedia l’età giovanile di oggi, sempre più frequente consumatrice  anch’essa di chirurgia plastica.

A tal proposito, desidero riportare una notizia che ho appreso giorni fa leggendo un quotidiano, che parlava di come proprio la chirurgia estetica stia diventando la quotidianità in particolare in Corea del Sud (Seul), dove da tutta l’Asia arrivano le giovanissime per stravolgere i connotati del proprio viso e renderli più ‘’occidentali’’.

Il loro traguardo all’entrata della sala operatoria, sembra essere uscire con un viso a V e gli occhi più grandi, per i quali dovranno subire un taglio nella parte interna dell’occhio per costruire una seconda palpebra.

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Il cambiamento risulta essere così stravolgente da provocare diversi problemi alle frontiere, in quanto le foto sui documenti non corrispondono con i visi “nuovi”, tanto che la Corea ha dovuto attivarsi per fornire un certificato che attesti il soggiorno in clinica e i cambiamenti apportati alle pazienti.

Durante un Congresso Medico svolto a Shangai, a cui ha partecipato anche il Presidente dell’Aicpe (Ass. Italiana Chirurgia Plastica Estetica) Giovanni Botti come professionista Italiano nel campo, è emerso come in Cina sia avvenuto un vero e proprio boom, tanto da portarla al terzo posto a livello mondiale per richieste, secondo i dati Isaps (International Society of Aestethic and Plastic Surgery).

A proposito di miti, il motivo per cui operarsi a livello estetico sembra essere diventato un hobby, è legato alla convinzione, diffusa peraltro anche nella nostra cultura, che un aspetto più  ‘’bello’’ aiuti sia nella ricerca del partner che a livello lavorativo.

Ma cosa significa bello? Cosa vuol dire aspetto migliore? E cosa c’è sotto quella ricerca spasmodica e ripetitiva di aggiustare qualcosa di esterno? si sentiranno ora più sicure di sé?

Lungi da me criticare o condannare chi decide di subire interventi di questo tipo, anche perché spesso le persone mettono in atto agiti nel quotidiano molto più invalidanti quali ad es. torturarsi con  diete ferree e/o iper-allenarsi disinvestendo dalle relazioni sociali, ma dico solo che diventa importante riflettere sul grado di distruttività, ripetitività e sul bisogno che nascondono tali azioni.

Dott.ssa Vera Cabras

Studio: Via dell’Indipendenza, 61 Bologna

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Vera Cabras

“Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi” Ernest Hemingway