Pensavamo di aver già visto tutte le possibili applicazioni del Taping Neuromuscolare… e invece ecco che dal cilindro esce il Linfotaping. Quale “stregoneria” sarà mai?

In realtà il concetto è molto più semplice di ciò che si crede, è un po’ come l’uovo di Colombo: altro non è che l’applicazione del Taping Neuromuscolare, con tutte le sue caratteristiche “magiche”, in ambito linfatico al fine di ottenere un effetto drenante. Tutti o quasi ormai conoscono le tradizionali applicazioni del Taping Neuromuscolare posizionato sia in compressione o “in carico” sia in decompressione o “in scarico” e le sue caratteristiche principali, quali, ad esempio: il fatto che non vi è nessun farmaco al suo interno ma che il processo con cui agisce è prettamente meccanico e va a stimolare in naturali processi di guarigione dell’organismo, il fatto che è resistente all’acqua e al sudore e il fatto che è anallergico e non ha quindi quegli effetti collaterali indesiderati o fastidiosi tipici, spesso, dei farmaci antidolorifici.

Molto simile è il discorso per il Linfotaping: esso svolge un effetto drenante e, al tempo stesso, analgesico. La sua efficacia è attivata dal movimento, che fa “grinzare” il cerotto. Le grinze, associate alla particolare maniera ad onde in cui la colla è spalmata sul nastro, producono circonvoluzioni ed inducono un effetto di decompressione della cute e delle strutture vascolari che in essa si trovano, migliorando il microcircolo e stimolando i meccanorecettori (recettori del contatto), che sono gli antagonisti dei nocicettori (recettori del dolore ). Analizzando nello specifico i meccanismi con cui agisce il Linfotaping, possono essere individuati 3 punti fondamentali: il sollevamento della pelle da parte del tape e la conseguente riduzione di pressione interstiziale e l’attivazione di un flusso linfatico verso la zona in cui la pressione è stata ridotta; il movimento corporeo, in quanto il tape, sollevando la pelle in modo ondulatorio, amplifica l’effetto di stiramento e contrazione; di conseguenza vi è una riduzione delle aderenze del tessuto connettivo e una successiva facilitazione nell’apertura delle porte dei vasi linfatici e dello scorrimento della linfa; la funzione conduttrice del tape; infatti un liquido ha la proprietà di muoversi in certi binari guida e il nastro provvede a un più veloce trasporto della linfa lungo le strutture di conduzione nella direzione desiderata.

Per ottenere questo risultato è assolutamente necessario, però, che il cerotto sia sistemato nella maniera corretta: che dreni cioè la linfa dai tessuti e la convogli alla stazione linfonodale superiore e non inferiore, altrimenti si ottiene esattamente l’effetto opposto (sembra una considerazione banale, eppure qualcuno ogni tanto inventa cose strane… nda). Il Linfotaping garantisce libertà di movimento: infatti, pur potendolo considerare una tecnica di bendaggio, questo nuovo approccio terapeutico non dà compressione di cute, fasce o muscoli e, di conseguenza, non limita o riduce il movimento, né ostacola il fisiologico defluire di sangue e linfa. Inoltre esplica un effetto drenante 24 ore su 24, si può utilizzare nell’ambito rieducativo, si applica sopra e lungo il decorso delle vie linfatiche incrementandone il funzionamento, si attiva con il movimento e previene un’eccessiva congestione e la formazione di edemi.

Secondo la teoria del cancello o “Gate Control” [Melzak et Wall 1966], la stimolazione dei meccanorecettori di una zone dolente esercita un effetto inibitore sulla trasmissione del dolore, arrestandola (o inibendola parzialmente, nel caso il dolore sia molto marcato) a livello del midollo spinale ed impedendole così di pervenire a livello cerebrale, dove il dolore diventa cosciente. I microscopici sollevamenti della pelle prodotti dal tape riducono la pressione interstiziale e permettono alla linfa di fluire più liberamente. L’utilizzo del Taping Neuromuscolare in ambito linfatico mira quindi a: migliorare la circolazione sanguigna e linfatica; ridurre eventuali edemi; facilitare il riassorbimento degli ematomi; ammorbidire eventuali zone fibrotiche; rimuovere l’accumulo di liquidi presenti nel tessuto interstiziale; ridurre il dolore muscolare; ridurre il dolore cutaneo; ridurre l’infiammazione; ridurre l’affaticamento muscolare, rimuovendo gli accumuli di acido lattico e tossine in essi presenti; aumentare il ROM. Ovviamente è necessario che il Taping Neuromuscolare sia tagliato in un modo particolare per svolgere tutte queste funzioni. Può essere tagliato in svariate forme, ma in genere le più adatte all’utilizzo in ambito linfatico sono quelle a più braccia (X, Y o ventaglio, soprattutto quest’ultima), poiché tanto più sottili sono le strisce (e quindi, tanto minore la cosiddetta presenza del Taping), tanto maggiore sarà l’effetto drenante e di decompressione a livello cutaneo. La possibilità di utilizzare varie forme permette l’ideale adattamento alle diverse parti del corpo, anche in presenza di piccole articolazioni o di salienze ossee. Nell’ambito linfatico, di norma, si procede all’applicazione posizionando la zone interessata in massimo allungamento muscolare, naturalmente rispettando i limiti fisiologici e la possibilità di escursione articolare del soggetto.

Analizziamo, per concludere, un’applicazione di Linfotaping da me eseguita su una ragazza di 24 anni con edema da trauma contusivo sull’avambraccio, successivo a un incidente stradale. Il Linfotaping è stato sistemato a 7 giorni dall’incidente, in drenaggio ai linfonodi del gomito e, successivamente, agli ascellari. Si noti dalle foto come, alla rimozione del cerotto dopo 5 giorni, in corrispondenza della zona in cui esso era posizionato, il riassorbimento del versamento sia nettamente maggiore e ormai pressoché concluso rispetto alla zona priva di cerotto.

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Per maggiori informazioni e contatti privati: Dott. Marco Orselli. Bibliografia Blow D. Taping Neuromuscolare. Dalla teoria alla pratica. Edi Ermes 2012 Bellia R, Selva Sarzo F. Il taping kinesiologico nella traumatologia sportiva manuale di applicazione pratica. Alea 2011 Melzack R, Wall PD. Pain mechanisms: a new theory. Science 1965 Nov 19; 150(3699): 971-979

Riccardo Buzzi

Fondatore di Into the Fitness e mi occupo della gestione di tutta la parte tecnica, commerciale ed organizzativa; ovviamente supportato da collaboratori di primo piano! Un lavoro, il mio, nato per caso, che mi ha portato ad abbandonare quasi del tutto la mia precedente attività di consulente immobiliare. Da tempo, infatti sentivo l’esigenza di riunire sotto un unico “cappello” un team di professionisti seri e preparatissimi che potesse fare chiarezza in un mondo, quello del fitness e dell’alimentazione, ricco di ignoranza e convinzioni sbagliate. Fin da piccolo lo sport ha fatto parte della mia vita, ho praticato e pratico tutt’ora diverse discipline tra cui ginnastica artistica, palestra, pesistica, Kickboxing, Thai Boxe…e chi più ne ha più ne metta. Ultimamente ho scoperto l’allenamento funzionale, o come piace dire a molti Functional Training. Mi sono talmente appassionato che nel corso del 2014 ho deciso di iscrivermi al corso tenuto da FBI – Fitness Best Innovation, ed ottenere così il diploma di Istruttore di Functional Training con specializzazione Kettlebell, Sandbag, Bilancieri, Bosu e corpo libero. A breve completerò il percorso con il TRX. Da buon bolognese che si rispetti la mia seconda passione è la cucina, e vivere in questa città non è il massimo per chi cerca di seguire una sana alimentazione…perché si sa…Bologna è anche chiamata “La Grassa”. Ma non mi arrendo e cerco di fare convivere tortellini e lasagne con uno stile di vita “light”! E vi dirò…non è poi così difficile…ogni volta che mi viene un dubbio…posso sempre rivolgermi ad uno dei nostri professionisti!