Quando ci si definisce stressati, in genere si fa riferimento alla stanchezza che il nostro organismo ha accumulato per via di fatiche protratte nel tempo. Infatti abitualmente ci si riferisce ad un periodo di stress: “in questo periodo mi sento stressato”, collegando la stanchezza fisica a eventi di natura esterna, in genere connessi all’attività lavorative e/o familiare.

Anche l’allenamento è uno stress, perché lo stress è la somma di tutti gli agenti stressanti che colpiscono l’organismo, agenti stressanti che in ogni momento lo “bombardano” e che quindi si deve difendere. Se il livello di stress non è elevato, l’organismo non solo lo riesce a tenere sotto controllo, ma riesce anche ad elevare le proprie difese verso di esso (ad esempio quando “si diventa più resistenti alle malattie”), se invece intensità e frequenza degli agenti stressanti sono elevati, l’organismo può anche soccombere (malattia).

I tipi di agenti stressanti possono essere di varia natura:

  • fisici (caldo, freddo, aria rarefatta, radiazioni);
  • chimici, farmacologici;
  • psichici (forti emozioni, spavento, rabbia);
  • batterici, virali;
  • altre tipologie di agenti stressanti.

Anche l’allenamento sportivo è un insieme di agenti stressanti, che grazie ai principi e ai criteri che definiscono l’allenamento sportivo applicati correttamente, diventa uno “stress buono“, dal quale non solo non si soccombe (ci si ammala), ma si innescano i meccanismi che portano il nostro organismo a migliorarsi (miglioramento della performance).

Quello che porta al miglioramento della performance si definisce sindrome generale di adattamento (General Adaptation Syndrome) o GAS.

L’organismo, se fosse racchiuso in un ambiente controllato, che mantenga le condizioni climatiche, batteriche, etc. ideali per la vita, avrebbe le sue funzioni sempre in equilibrio. Questo equilibrio è proprio l’omeostasi = mantenere lo stato vegetativo.

Il primo scienziato che, negli anni trenta, effettuò studi sullo stress, Hans Seyle, giunse alla conclusione che gli agenti stressanti tendono a destabilizzare l’omeostasi dell’organismo.

La sindrome generale di adattamento è la risposta di tipo aspecifico (comune a tutti gli agenti stressanti), che l’organismo attua appunto in condizioni di stress.

La risposta agli agenti stressanti (stressor) è affidata al sistema nervoso autonomo, che controlla le funzioni vitali (ad esempio il battito cardiaco). Quando avvertiamo un pericolo, le ghiandole surrenali secernono due ormoni: adrenalina e noradrenalina che agiscono sui vari sistemi dell’organismo determinando:

  • l’aumento dei battiti del cuore;
  • l’aumento della pressione sanguigna;
  • il sangue viene dirottato verso ii muscoli a svantaggio dell’apparato digerente;
  • aumento del metabolismo ed incremento del consumo di ossigeno;
  • dilatazione delle pupille per migliorare la visione notturna.

Lo stress può essere visto come una reazione da parte del nostro corpo ad un cambiamento: ogni giorno subiamo dello stress, ma per fortuna la maggior parte di questo è positivo e ci serve per migliorare la nostra esistenza e la nostra condizione sia fisica che mentale.

Quando però lo stress diventa troppo forte e perdura per troppo tempo può diventare causa di moltissimi problemi sia a livello mentale, sia a livello fisiologico del nostro corpo.

Le ricerche del dr. Hans Selye e di altri scienziati hanno chiarito la complessa fisiologia delle tre fasi della sindrome generale di adattamento (General Adaptation Syndrome o G.A.S.).

Secondo queste ricerche ci possiamo trovare davanti a due situazioni:

  • la prima vede il nostro organismo fare fronte ad uno stress acuto, al quale facciamo fronte con una breve fase di resistenza per poi riuscire a tornare nel più breve tempo possibile alla normalità (omeostasi);
  • la seconda vede invece il nostro corpo impegnato in uno lotta contro uno stress cronico, nel quale la fase di resistenza può durare da qualche ora a molti anni (per alcuni addirittura tutta la vita).

Quando parliamo di stress cronico parliamo di problemi che possono risultare molto seri per la salute della persone ed è giusto sapere quali meccanismi vengano innescati quando ci troviamo di fronte ad uno stressor.

La prima fase: il campanello d’allarme (fase di allarme)

In questa prima fase detta di allarme il corpo si impegna totalmente a richiamare tutte le forze e le energie per far fronte allo stressor nel migliore dei modi. La principale reazione interna è la produzione di adrenalina (catecolamine) con conseguente aumento del battito cardiaco: il corpo si prepara alla classica risposta “combatti o fuggi”, dominata dal nostro istinto di sopravvivenza.

Il nostro corpo percepisce una novità, ma come tale la interpreta come possibile pericolo reagendo di conseguenza: in questo caso il protagonista è sicuramente l’ipotalamo. Questa importante area dell’encefalo agisce attraverso 3 vie:

  1. secrezione di cortisolo, adrenalina e noradrenalina;
  2. produzione di beta endorfine, antidolorifici naturali del corpo che, innalzando la soglia del dolore, permettono di sopportare meglio traumi, sforzi e tensioni emotive;
  3. inibizione del funzionamento dell’apparato digerente attraverso il sistema nervoso simpatico e stimolazione dei sistemi vascolare, muscolare liscio e ghiandolare.

La seconda fase: la resistenza o adattamento

Questo è il momento più importante nel quale il nostro organismo si adegua alle nuove circostanze e cerca di resistere finché l’elemento stressante non scompare.

In questa fase di resistenza abbiamo la sovraproduzione di cortisolo che causa un indebolimento delle difese immunitarie, arrivando fino alla loro soppressione: questo inizialmente non causa problemi, ma nel lungo termine uno stress cronico rende molto più probabile l’attacchimento di molte malattie virali, batteriche e sembra anche autoimmuni.

La terza fase: l’esaurimento

Questa è la fase conclusiva dello stress che assicura al corpo il riposo necessario per riprendersi completamente; in genere inizia quando l’organismo percepisce il pericolo come finito o quando le energie cominciano a venir meno.

Quando la fase di resistenza termina, si possono presentare due situazioni:

  1. le energie non sono del tutto esaurite ed il soggetto avverte la fase di esaurimento come un  torpore benefico rilassante, con una sensibile sensazione di debolezza e lassità (come dopo una competizione od un rapporto sessuale);
  2. la fase di resistenza è durata troppo e l’esaurimento è dovuto ala completa mancanza di energie, con periodi di recupero lunghi e debilitanti (anche depressivi).

Biochimicamente, abbiamo un calo repentino degli ormoni surrenalici (adrenalina, noradrenalina, cortisolo) e la rapida diminuzione delle riserve energetiche.

Nello specifico, all’avvio dell’attività motoria, si sviluppa una fase autonoma (fase di shock dalla durata di qualche decina di secondi), che permette la “messa in moto” dell’organismo tramite l’immediata attivazione dei Sistema Nervoso Simpatico che aumenta le catecolamine (adrenalina, noradrenalina e ADH). Nel proseguo dell’attività motoria (fase di contro shock o metabolica), avviene l’attivazione della corteccia surrenale, stimolata dall’ACTH secreto dall’ipofisi anteriore che controlla in maniera consistente, tutti i processi di adattamento al fattore stressante, predisponendo la specificità della risposta dell’azione motoria profusa (forza, resistenza, ecc. ‑ reazione specifica).

La prima reazione allo stress, avviene “con fenomeni molto pronunciati“. Tale caratteristica, è la base sulla quale si sviluppa la risposta compensatoria fin dall’inizio dell’azione motoria, risposta che tende a “rafforzarsi” durante il perseverare dei lavoro permettendone la conclusione. Tali “fenomeni molto pronunciati” si elevano ulteriormente anche dopo il termine della fase di recupero. La dinamica della risposta supercompensatoria si differenzia a seconda della funzione biologica stimolata e provoca una risposta ormonale specifica generale, ma EQUILIBRATA che tende a mantenere sempre inalterata l’omeostasi.

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Dinamica energetica durante il lavoro e la fase di recupero

La conoscenza dei tempo di supercompensazione di una funzione biologica è definita “eterocronismo” e chiarisce la dinamica dei tempi di ripristino e del ricordo che l’organismo mantiene dell’esercizio fisico svolto precedentemente .

FUNZIONE BIOLOGICA INDIR. ALLENANTE (t”) SUPERCOMPENSAZIONE (t”) RICORDO
Fosfocreatina Forza-Velocità circa 30 min.
Metab. Glicogeno Resistenza 2-3 ore 7-10 gg.
Metab. Proteine Trofismo Muscolare 36-48 ore 20-30 gg.
Enzimi Ciclo di Krebs Potenza Aerobica 20-40 gg.

Dalla teoria di Selye si chiarisce che ogni specifica funzione biologica viene potenziata con effetto di sommazione in seguito alla ripetizione dell’esposizione allo stress, qualora l’organismo mantenga il ricordo dell’esposizione precedente. Conoscendo il contenuto e la specificità dell’azione stressante (seduta di allenamento), quindi, è possibile inserire la successiva ripetizione dell’esercizio fisico, quando la risposta supercompensatoria è ancora ad un alto livello, in modo da determinare il migliore sfruttamento della risposta. Con tale organizzazione si determina il potenziamento, a livelli, di una funzione biologica.

L’effetto di sommazione, quindi, è la base della costruzione ciclica dell’allenamento che esalta il suo fattore condizionante quando si alternano fasi di aumento dei carico ad altre di scarico. Questa costruzione ciclica, basata sulla ripetitività dello stimolo, può solo venir strutturata organizzando puntigliosamente il contenuto di ogni seduta di allenamento, con la scelta della specificità, della quantità e dell’intensità di ogni singola esercitazione.

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Sfruttamento della supercompensazione per impostare lo stimolo successivo su un più elevato livello energetico

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Esempio di programmazione dell’allenamento costruito secondo l’alternanza dei carichi di lavoro

Anna Tempestini

Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente dove l’attività fisica era vista come mezzo educativo e quindi per me è diventata uno stile di vita: ho fuso lavoro e passione in un unico ideale e ne è venuta fuori una miscela esplosiva! Adoro tutto quello che è sport e non lascio nulla al caso: curiosa per natura, mi interesso sia all’aspetto nutrizionale sia a quello funzionale legato quindi all’allenamento. Ovviamente pratico anche ed un bel po’! Professionale nel fitness collettivo e nella sala pesi…istintiva come pochi nelle mie sessioni running! Con il mio modo d’essere, sfruttando il mio lavoro come tramite, cerco di trasmettere energia positiva a chi entra nel mio raggio d’azione. Non mi fermo mai, sono sempre pronta a mettermi alla prova ed a coltivare quello in cui credo fermamente per mettere a disposizione dei clienti le mie competenze solo dopo averle sperimentate di persona.